La Morte di San Giuseppe.
Morte di San Giuseppe, La. Oratorio di Giovanni Battista Pergolesi, composto probabilmente nel 1730. Si tratta di un oratorio per soli e orchestra, scritto per quattro solisti (due soprani, un contralto e un tenore) e suddiviso in due parti in cui si alternano, secondo i modi tradizionali, arie, recitativi e pezzi d'insieme. Di questi ultimi i più conosciuti sono: il duetto Il Signor vuol che a me solo, il terzetto Intanto chiudi i lumi, il quartetto finale interpretato dal contralto (San Michele), dal primo soprano (Amor Divino), dal secondo soprano (Maria) e dal tenore (San Giuseppe). Nello strumentale dominano le voci degli archi mentre i fiati (flauti, oboi e corni) appaiono solo nella sinfonia e in pochi altri numeri della partitura. Fuori dell'ordinario l'accompagnamento dell'aria n. 6, affidata al tenore, e offerto da un liuto, da una viola d'amore e dal basso continuo. La morte di San Giuseppe è splendidamente descritta nell'aria n. 15, L'ardor che cresce in seno, toccante per l'intensità espressiva in cui prende vita la pietas pergolesiana che sfocerà, nel 1736, nel famoso Stabat Mater. Mus. - Componimento musicale di soggetto sacro, composto di recitativi, arie, cori, eseguito in forma non rappresentativa, privo, dunque, di allestimento scenico e di azione drammatica. Sviluppatosi in età barocca, nacque come evoluzione di un genere documentato fin dal Rinascimento, la lauda polifonica intonata negli o. romani di S. Filippo Neri, accompagnata dalla narrazione di uno storico, e da un coro che commentava i fatti e concludeva portando esempi edificanti. A differenza della produzione musicale dei Filippini, che privilegiava un o. in volgare, la confraternita dell'Oratorio del SS. Crocifisso, non rinunciò mai ai testi latini. Primo e massimo autore di questo genere è G. Carissimi (1605-1704), di cui si ricordano Lucifer, Iudicium Salomonis, Daniele. Nei secc. XVII e XVIII l'o. si diffuse in tutta Europa, annoverando autori come G.P. Colonna, i fratelli Arresti, A. Stradella e A. Scarlatti. In Inghilterra il genere dell'o. prese piede con F. Haendel (Esther, The Triumph of Time and Truth, Messiah), in Germania con J.S. Bach, mentre in Italia, a partire dal XVIII sec., si assistette ad una stanca ripetizione di vecchi moduli. Alla fine del XIX sec. appartengono gli o. di F.J. Haydn (Die Schoepfung e Die Jahreszeiten, rispettivamente del 1798 e 1801). Nel periodo romantico si cimentarono con questo genere F. Mendelssonh, R. Schumann, H. Berlioz, F. Liszt. Compositore e musicista italiano. Fu allievo di F. Durante e G. Greco al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, a Napoli, dove svolse la sua successiva attività. Dopo due lavori di carattere religioso (un dramma sacro e un oratorio), esordì come compositore operistico con la Salustia (1731), cui fecero seguito Il prigionier superbo (1733), l'Adriano in Siria (1734, su libretto di Metastasio) e, nel 1735, l'Olimpiade, la sua migliore prova nell'ambito del dramma musicale. P. perfezionò la forma dell'intermezzo comico (rappresentato tra un atto e l'altro delle opere serie), segnando una tappa fondamentale nell'evoluzione del teatro musicale, con la creazione dell'opera buffa. La fama di questo compositore, con riferimento a questo genere, è legata in particolare a: Lo frate 'nnamorato (1732); La serva padrona (1733), che con la perfezione delle sue arie costituì un modello per tutti i compositori successivi; La contadina astuta (1734); Il Flaminio (1735). La produzione sacra di P. comprende tre messe, alcuni salmi e mottetti e il celebre Stabat Mater per soprano, contralto, archi e basso continuo, un esempio tra i più notevoli di purezza stilistica e ricchezza inventiva. Si ricordano inoltre le Sonate per due violini e basso e un Concerto per violino, archi e basso continuo (Iesi, Ancona 1710 - Pozzuoli, Napoli 1736). (dal greco orchéstra, der. di orchêisthai: danzare). Il complesso degli strumenti musicali e degli esecutori ai quali spetta l'esecuzione di un'opera musicale. ║ Per estens. - Complesso di suoni o voci. ║ Fig. - Insieme di diversi elementi o motivi. ● Mus. - Nella terminologia musicale moderna si distingue tra grande e piccola o. e o. da camera, anche se tale distinzione non è rigida. La grande o. (detta anche o. sinfonica) è costituita da un elevato numero di strumenti, che in alcuni casi possono arrivare fino a 100 elementi (dei quali una trentina di strumenti a fiato, una sessantina di strumenti ad arco, una decina di strumenti a percussione). In alcuni casi possono far parte della grande o. anche il pianoforte e l'organo. L'o. da camera non comprende in genere più di una quarantina di elementi, soprattutto archi (da 20 a 25), mentre per le sezioni di legni e ottoni non possono essere presenti più di due elementi per ciascun tipo di strumento. Simile all'o. da camera per numero di elementi è la piccola o., che si differenzia però per il tipo di strumenti previsti: essi possono infatti variare a seconda del tipo di esecuzione e non sono soggetti ad alcuna limitazione. ║ O. jazz: o. di piccole dimensioni, che prevede due sezioni, una ritmica (batteria, pianoforte, ecc.) e una melodica (clarinetto, tromba, tromboni). ● St. - In Italia il termine o. cominciò ad assumere il significato attuale solo intorno alla metà del XVIII sec., mentre con la stessa accezione veniva usato in Francia già dai primi decenni del secolo precedente. Il significato originario, infatti, indicava la parte del teatro posta fra la scena e le gradinate, quindi il luogo destinato ad accogliere gli esecutori dell'opera e non il complesso strumentale in sé. Nel corso dei secoli variarono sensibilmente sia il numero e il tipo degli strumenti compresi in un'o., sia la loro disposizione e collocazione nello spazio scenico. Se già in età medioevale si erano avuti i primi, elementari esempi di piccole formazioni musicali composte da un ristretto numero di strumenti (mentre eventuali vasti organici strumentali erano utilizzati in caso di cerimonie civili o religiose), fu solo nel corso del Cinquecento che si crearono i primi raggruppamenti organici di strumenti usati per l'esecuzione di un'opera. Si trattava dei cosiddetti concerti, che a seconda del tipo di esecuzione o del gusto del pubblico, potevano comprendere elementi della stessa famiglia (concerto di viole) o di famiglie diverse. Utilizzato sia nelle opere di carattere sacro, sia in quelle profane, talvolta insieme alle voci, più spesso negli intermezzi tra due scene, il concerto cinquecentesco non prevedeva alcun tipo di annotazione per l'orchestrazione, che quindi veniva lasciata alla volontà del maestro del concerto ed era determinata dalle possibilità e contingenze del momento. Una maggiore attenzione alla composizione strumentale dell'o. si riscontrò a partire dai primi decenni del Seicento, quando i compositori cominciarono a fornire l'indicazione degli strumenti che avrebbero dovuto eseguire l'opera: significativo in tal senso fu l'Orfeo di C. Monteverdi, che nella stampa recava l'elenco degli strumenti previsti nella prima rappresentazione. Il concerto barocco fu caratterizzato dalla preferenza per l'omogeneità dei timbri piuttosto che dalla ricchezza e dalla varietà dei contrasti. Esso vide inoltre l'affermazione sempre più netta degli strumenti ad arco, fondamento da allora di ogni formazione orchestrale; divisi in una scrittura a quattro parti (violino I, violino II, violoncello, viola, ai quali si aggiunse il contrabbasso sul finire del Settecento), gli archi sostituirono gradualmente la più antica famiglia delle viole. Nel concerto barocco si avvertì presto la necessità di una più precisa individuazione timbrica, che prendesse il posto dell'ormai abusato concerto grosso, basato su un gioco di contrapposizione tra il "concertino" (basso e due violini) e il resto della strumentazione. Una tappa fondamentale in questo senso fu l'o. voluta da Vivaldi, il quale seppe sfruttare pienamente le diverse possibilità degli archi (tremolo, pizzicato, ecc.), ma sottolineò anche la funzione delle parti soliste, arricchite con una grande varietà di strumenti a fiato. Un utilizzo parimenti raffinato delle singole voci orchestrali fu quello di Bach, che adottò il timbro di ogni strumento in funzione espressiva, legandolo ad un particolare momento psicologico. Un'organizzazione stabile, anche se non rigida, dell'o. e un suo ampliamento (introduzione dei corni, già presenti in Scarlatti e Händel, del flauto traverso, dei clarinetti) fu raggiunta solo nel corso del Settecento, grazie ai contributi fondamentali di Mozart e di Haydn, che nelle 12 sinfonie per i concerti pubblici tenuti a Londra volle un'o. di 40 elementi, molti più di quelli generalmente previsti nelle o. del tempo. In particolare fu un'o. tedesca, quella di Mannheim, ad esercitare un ruolo di primo piano nello sviluppo di un rinnovato linguaggio musicale, mentre, contemporaneamente, Gluck seppe creare per primo nuovi efficaci impasti strumentali. Nelle partiture teatrali di Gluck e di Mozart venne inoltre introdotto il trombone (strumento già noto ma adoperato in modo del tutto sporadico), il cui ruolo all'interno di un'o. sinfonica fu in seguito valorizzato soprattutto da Beethoven. Il Romanticismo derivò la sua o. direttamente da quella classica, ma rivolse maggiore attenzione alle risorse tecniche ed espressive di ogni strumento, in funzione evocativa o descrittiva. Inoltre, a causa della maggiore complessità della scrittura orchestrale, il ruolo di coordinatore prima svolto dal maestro al cembalo o dal primo violino fu affidato al direttore d'o. e maestro concertatore che, oltre a svolgere la funzione di direzione, inevitabilmente diede dell'opera una propria e personale interpretazione. La sezione dei fiati non fu più ristretta all'utilizzo in determinate enunciazioni tematiche ("forte"), ma acquistò una maggiore indipendenza e fu esteso a temi o controcanti di vario tipo. Tipicamente romantica fu la preferenza accordata a determinati strumenti, come il clarinetto o il corno, usati quali mediatori di immagini, temi e motivi caratteristici del gusto dell'epoca; ma in genere si può riscontrare, soprattutto a partire dal quarto decennio dell'Ottocento, un arricchimento della famiglia dei fiati, con l'introduzione del basso tuba e di altri strumenti particolari (clarinetto basso, corno inglese, cornetta, ecc.). Nel corso del XIX sec. venne introdotta la distinzione fra o. teatrale e sinfonica: gli esponenti del sinfonismo romantico, come F. Schubert, F. Mendelssohn, R. Schumann, F. Liszt, conservarono l'organico voluto da Beethoven; le o. teatrali invece, con H. Berlioz e J. Meyerbeer, raggiunsero nuovi effetti attraverso l'uso degli ottoni, del corno inglese e delle arpe. Le innovazioni introdotte in ambito operistico furono sviluppate da R. Wagner, che nel suo Wort-Ton Drama attribuì all'o. un ruolo fondamentale nello svolgimento dell'azione. Egli sfruttò i timbri strumentali nella loro specificità, potenziando ulteriormente la sezione dei fiati (non meno di tre strumenti per ciascuna famiglia) e ampliando l'organico orchestrale che nella Tetralogia superò i 100 elementi. L'orchestrazione sinfonica e operistica tardo-romantica, rappresentata da R. Strauss, da Mahler e dal primo Schönberg, continuò la ricerca di effetti, moltiplicando le parti e aumentando il numero degli strumenti. Più tradizionale fu il tipo di o. impiegato da Brahms, che basò la struttura musicale sugli archi e limitò gli effetti coloristici; contrapposto al gigantismo sonoro tardo-romantico fu infine il linguaggio orchestrale di Debussy, che predilesse sonorità attenuate e sottilmente sfumate. A partire dai primi anni del Novecento si impose una nuova concezione della sonorità strumentale, mediante l'utilizzo della vasta gamma di possibilità di giustapposizione e contrasto dei diversi timbri piuttosto che di impasti armoniosi, tipici del gusto romantico e tardo-ottocentesco, e attribuendo a ciascuno strumento una funzione spiccatamente solistica. Sperimentatori fino alle estreme conseguenze di questo nuovo modo di organizzare l'o. furono Schönberg, che arrivò a teorizzare una "melodia di timbri" e a realizzarla nei suoi 5 Pezzi per o. (1909), e A. Webern. La reazione al linguaggio orchestrale tardo-romantico si manifestò anche con un ritorno all'o. da camera, con numero ridotto di strumenti, in una ricerca di sonorità e combinazioni strumentali insolite rispetto alla crescente omogeneità delle tradizionali o. sinfoniche. Fenomeno caratteristico del Novecento fu la nuova importanza accordata alla sezione degli strumenti a percussione. A quelli tradizionali fu affiancata una varietà di altri strumenti (vari tipi di tamburi, cimbali, gong, wood-block), impiegati in numero crescente e con un ruolo sempre più significativo all'interno dell'orchestrazione; in alcuni casi si arrivò a concepire o. interamente composte da percussioni (E. Varèse, J. Cage), contemporaneamente all'introduzione nella musica occidentale della ritmica impulsiva pura e del rumore. Il secondo Novecento fu caratterizzato da radicali innovazioni nel procedimento orchestrale, introdotte dai numerosi movimenti d'avanguardia sorti sia in Europa che in America. Tali mutamenti (uso degli archi in modo da coprire tutto lo spettro delle frequenze mediante l'utilizzo di cluster e glissandi, introduzione di effetti stereofonici, sperimentazione elettronica, ecc.) avevano come presupposto un nuovo pensiero musicale, non più fondato sui concetti di timbri, altezze e forme, ma su quello ben più ampio di materia fonica. Fino alla metà del secolo l'o. oscillò fra i due estremi della piccola formazione libera e dell'imponente compagine orchestrale; tuttavia, a partire dagli anni Settanta e in particolare nella corrente neo-romantica dei primi anni Ottanta, si è osservato un ritorno a organici orchestrali più tradizionali. La voce femminile, o bianca, più acuta. Si estende di norma su due ottave, comprese tra il do3 e il do5, riuscendo tuttavia a raggiungere, in basso, il si² e, in alto, persino il fa5 o note addirittura più acute. Per le caratteristiche espressive e tecniche si distinguono: s. leggero (detto anche di agilità o di coloratura), più acuto e virtuosistico (per esempio, la Regina della notte nel Flauto magico di Mozart); s. lirico, dotato di ampia cantabilità nella zona medio-alta del registro (Desdemona in Otello di Verdi, Elsa in Lohengrin di Wagner); s. drammatico, praticante la zona più grave del registro, caratterizzato da timbro scuro e vigore vocale (Aida nell'opera omonima di Verdi, Turandot nell'opera omonima di Puccini). Dalla combinazione di peculiarità proprie di questi tre tipi fondamentali o dalle esigenze richieste da determinati autori o particolari scuole operistiche, derivano ulteriori distinzioni, quali s. lirico-drammatico (o lirico spinto), s. drammatico d'agilità, s. verdiano, s. verista, ecc. Dall'Ottocento la voce di s. è quasi esclusivamente appannaggio femminile, ma nel Cinquecento, e fino al Settecento, tale registro, nonché i corrispondenti ruoli teatrali, poteva essere sostenuto da uomini, falsettisti o sopranisti (castrati), la cui voce aveva la stessa estensione del s. femminile. ║ Cantante o cantore dotato di voce di s. Per quanto si tratti di un sostantivo maschile, viene usato normalmente al femminile: Maria Malibran è stata una famosa s. ║ Con funzione di attributo, designa il tipo di strumento musicale che, all'interno della sua famiglia, produce i suoni più acuti e il cui registro corrisponde approssimativamente a quello della voce del s.: sassofono s. ║ Chiave di s.: chiave di do posta sulla prima linea inferiore del pentagramma, utilizzata, soprattutto nella didattica, per le parti di s. (dal latino contratenor altus). La più grave delle voci femminili, all'ottava superiore della voce maschile di basso. Il termine indicava in origine una parte polifonica, senza riferimento a uno specifico timbro vocale. La voce di c. non ebbe una specifica caratterizzazione drammatica fino al XVIII sec.; con l'opera romantica acquistò un preciso carattere, corrispondendo spesso a un personaggio maschile adolescente. Successivamente venne contrapposto al soprano come carattere cupo e tenebroso, ma nello stesso tempo si confuse con il mezzosoprano, allorché le differenze non riguardarono più i personaggi ma la personalità e i mezzi delle singole cantanti. Tra i musicisti che diedero importanza a questo registro, va ricordato senz'altro G. Rossini. (dal latino tenor: tenuta, continuità, accento tonico). Comportamento, modo di procedere. ║ T. di vita: livello di vita, con riferimento alle possibilità economiche. ║ Tono, contenuto di uno scritto o di un discorso. ║ A t. di legge: in base a ciò che dispone la legge. ║ Proporzione di una sostanza in una soluzione o in una lega. • Mus. - Termine con cui viene designata la più acuta delle voci adulte maschili e il cantante che ne è dotato. Ha un'estensione che va dal do secondo al do quarto, coprendo di norma circa due ottave. Si distingue in: t. di grazia (Almaviva nel Barbiere di Siviglia), di tessitura acuta e dotato di agilità; t. lirico (a sua volta distinto in lirico spinto - Andrea Chénier -, lirico di mezzo carattere - Turiddu nella Cavalleria rusticana - e lirico vero e proprio - il Duca nel Rigoletto), che ha una voce più robusta e squillante, con grande risonanza espressiva; t. drammatico (Otello di Verdi), dotato di una voce dal timbro robusto, di grande potenza, talvolta vicina a quella del baritono nelle note centrali. Come solista, la voce del t. fu considerata secondaria nei secc. XVII e XVIII, cominciando invece ad assumere un ruolo di crescente importanza nel XIX sec. In seguito, con il Romanticismo e con la scomparsa dei cantori evirati il t. fu pienamente valorizzato e ricoprì il ruolo dell'eroe protagonista. ║ Termine che unito al nome di alcuni strumenti ne indica la tessitura, corrispondente a quella dell'analogo registro vocale. Si hanno per esempio un sassofono t., un trombone t., ecc., quando la loro voce corrisponde a quella umana di eguale estensione. ║ Chiave di t.: quella che indica la linea del do centrale e comprende un registro un po' più basso di quello del contralto. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Relativo alla recitazione. • Mus. - Stile r.: modo di cantare che segue le cadenze del parlato, introdotto dai primi monodisti in funzione delle esigenze della musica drammatica. La successiva evoluzione dell'opera in direzione di un maggior interesse per le forme ampiamente melodiche dell'aria ha attribuito il nome di r. a quei brani che, pur intonandosi in note, non generano melodie in sé concluse. In un primo momento si distinsero r. secchi (intonati e cadenzati dal cembalo, diffusi soprattutto nell'opera buffa) e r. accompagnati (più drammatici e accompagnati dall'orchestra, utilizzati nell'opera seria); dal XVIII sec. tale distinzione venne meno e tutti i r. iniziarono a essere accompagnati dall'orchestra. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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